Ruolo dell'ACM con l'Architettura Statica e Dinamica

Molte sono le correnti di pensiero che stanno affacciandosi sul panorama mondiale alcune più affermate altre meno, certo è che non è possibile lasciare da parte un’idea che sta prendendo voce facendo finta che il problema non esiste o forse davvero si sottovaluta l’importanza del ruolo che questa nuova figura dovrebbe avere o ancora peggio non si è preso coscienza di tale situazione.
Questa nuova figura trova ragion d’essere sia nello spazio virtuale che in quello reale ma soprattutto nel sottile confine che unisce entrambi gli spazi. L’unione dello spazio con il non-spazio. Solo l’architetto, adeguatamente preparato, può gestire con giusta proporzione i media che di volta in volta entrano in gioco in un progetto sia esso comunità virtuale, ambiente reale o virtuale, un sito web di media alta complessità, o altro.
Egli si muove secondo una visione delle cose diversa ma la sua missione, rispetto a quella del classico architetto, non cambia. Cerca cioè di suscitare con il proprio operato una sensazione di benessere verso il fruitore sia esso un singolo o una comunità.

Verso il singolo o verso la sua rappresentazione digitale del se (l’avatar).
Verso la comunità virtuale tramite la costituzione di canoni per sviluppare comunità con certe prerogative e per un certo target di persone.
Per poter operare deve avere nel proprio bagaglio culturale delle determinate conoscenze che sono molteplici e complesse, se pur diramandosi nel campo digitale traggono le proprie radici dal mondo reale.
Queste conoscenze possono essere divise in due filoni principali:
- Conoscenza dello spazio digitale e delle sue leggi
- Conoscenza dei mezzi digitali per poter confrontarsi con il non-spazio
Per quanto riguarda il primo punto le conoscenze che deve affinare in merito sono la realtà virtuale nelle sue estrinsecazioni di: cyberspazio, comunità virtuali e web che seguono le loro leggi.
Mentre per il secondo punto è l’università che dovrebbe istruire l’architetto in tutto ciò che riguarda il modo di pensare cioè dare una “forma mentis” proiettata verso il digitale in campo di mappe, misure, multimedia, linguaggi informatici.
In alcuni ambienti si sostiene che l’architettura così come noi la conosciamo cioè quella classica del cemento e mattone sia ormai arrivata al tramonto e che presto verrà sostituita da quella virtuale.
Ma l’attenzione non va focalizzata qui, infatti non è importante sapere se un certo tipo di architettura sia finita per dare spazio ad un’altra anche perché ogni tipo di architettura è figlia dei suoi tempi e comunque si rifà in qualche modo a quelle precedenti, ma è invece importante sapere come fare convivere le due idee di architettura che a volte si intrecciano a volte camminano parallele mi riferisco all’architettura dello spazio non-spazio e a quella statica e dinamica.
Nasce allora l’esigenza di conoscere entrambi gli spazi tanto il reale quanto il virtuale per poter agire ma anche di capirne le differenze. Il primo legato a tutte una serie di postulati ben definiti ed esplorati il secondo totalmente libero da leggi così come noi li conosciamo ma assoggettate ad altre.
Ecco che, quindi nasce una netta distinzione con la figura ormai consolidata dell’architetto classico il cui campo d’azione è nello spazio reale.
Egli infatti cerca di plasmare lo spazio in funzione dell’uomo creando una architettura per sua natura statica. Mentre spesso rimane frustrato in quanto lo spazio reale non gli permette di poter liberare la sua mente perché potrebbe creare oggetti irrealizzabili.
Al contrario, per l’architetto cybermediale il suo campo d’azione è lo spazio virtuale (il non-spazio) egli crea spazi con il surplus che questi spazi sono mutevoli e dinamici, tanto che posso scegliere diversi percorsi di visita secondo una mia predisposizione e la mia esperienza risulta essere unica rispetto a quella di un altro visitatore, oppure posso scegliere di visitare lo spazio secondo altre caratteristiche quale la lettura del codice di quel determinato spazio. Una esperienza simile nel campo reale non potrebbe mai accadere a meno che l’edificio cambiasse forma in base alle mie esigenze o mi mostrasse l’origine del suo progetto.
Inoltre può con il suo operato dare la possibilità di confluire direttamente nei media tramite la realtà virtuale che è di per se dinamica e da la possibilità di essere ovunque ed in più luoghi contemporaneamente, vivere l’esperienza di una comunità che esiste in un luogo non ben definito.
Non dare più importanza al corpo in quanto fisico ma alla mente o alla sua rappresentazione digitale.
 
© 2003 Maurizio Marrara - Tutti i diritti riservati